Soft skill come condizione abilitante per reinventare le organizzazioni
Abbiamo compreso, grazie al primo long form, che le soft skill sono un saper essere più che un saper fare. Abbiamo citato la metafora visiva della doppia elica del Dna che ci illustra come le competenze morbide siano anzitutto il legame - il legante - tra le competenze “dure”. Sono essenziali, questo è il primo punto che affronteremo, per tenere insieme non solo le competenze ma anche la leadership “distribuita” in azienda.
Spiega Marco Planzi, Associate Partner Partners4Innovation: «In ogni impresa, alcune competenze si manifestano in modo esplicito proprio come le caratteristiche genetiche perché il contesto, i processi, i clienti e il modo di lavorare lo richiedono. Altre competenze, pur presenti tra le attitudini e le passioni dei collaboratori o magari sviluppate informalmente all'interno del proprio lavoro, non si manifestano e rimangono dormienti. Ciascuna impresa può provare a valorizzare le competenze nascoste e inespresse cercando i collaboratori che le posseggono o le hanno sviluppate personalmente. Nel contesto attuale, in cui le competenze digitali sono difficilmente reperibili sul mercato del lavoro e spesso molto costose, questo passaggio diviene spesso diventa indispensabile: significa individuare i collaboratori che le posseggono e metterli in condizione di poterle esercitare nel contesto lavorativo».
Non dare per scontata una leadership piramidale, gerarchica, ma soprattutto immutabile è il primo e forse più importante passo per andare nella direzione di un cambiamento organizzativo.
Ne abbiamo parlato con Filippo Dal Fiore, ricercatore nelle scienze sociali e consulente aziendale. Dal Fiore si è occupato per 10 anni di innovazione tecnologica, sia in qualità di ricercatore al Mit di Boston (Senseable City Lab), sia come imprenditore attraverso la gestione di un progetto spin-off dello stesso Istituto. Rientrato in Italia, ha ampliato il suo percorso professionale verso i temi della responsabilità sociale d'impresa e della valorizzazione delle persone sul lavoro. Oggi, oltre che presso la Scuola di Economia, Management e Statistica, insegna Professional Development e Smart Cities alla Bologna Business School e collabora con Great Place To Work Institute.
«Le soft skill sono un abilitatore, perché riguardano la capacità migliorata di capire i contesti. Di conseguenza, l'azienda basata sulle soft skill può permettersi di affrontare contesti più diversi.
E aggiunge:
«Le soft skill permettono di alzare lo sguardo e di sviluppare pensiero laterale. Si collocano a un livello più alto delle hard skill perché sanno pilotare il loro utilizzo. Se però a una persona togli le hard skill e non ha soft skill la persona si troverà in una posizione di difficoltà, perché le manca un punto di ripartenza.
Le soft skill hanno un potenziale generativo in più.
Il potenziale generativo - prosegue Dal Fiore - è connaturato all'affrontare nuove sfide. Se hai un solo prodotto ma devi cambiarlo, e non sei dotato di soft skill che ti permettono di cambiare la lettura del mercato, non sei in una buona posizione per riposizionarti, sia per volontà sia per necessità. Le soft skill sono un buon investimento perché consenti alle persone di avere una conversazione diversa con un cliente, di cogliere un segnale di mercato, ma anche di riorganizzarsi in base ai saperi interni a un'organizzazione.
È chiaro che un imprenditore può avere paura di non saper governare questa apertura. Per questo il primo passaggio è fiduciario. Deve dare fiducia alle persone.
Deve permettere di sviluppare il proprio potenziale. Mentre per le hard skill l’indice Roi (il valore che misura il ritorno dell’investimento) è chiaro, nelle soft skill c’è un investimento emotivo diverso, orientato al potenziale senza necessariamente prefigurare un ritorno con contorni definiti».
Le soft skill sono quindi le condizioni di possibilità di una nuova forma organizzativa, che non ammette la necessità di una leadership immobile. Il modo migliore per creare questo contesto abilitante è allenare i propri dipendenti e tutti i livelli dell’organizzazione a una flessibilità quotidiana.
Come? Ci sono importanti precedenti, nati nel mondo industriale, proprio per la gestione di gruppi di lavoro innovativi, ormai diventati strumenti consolidati di project management.